Ciao e benvenuto alla edizione #40 della EV SEO newsletter, nella quale ho raccolto le novità e i contenuti SEO più interessanti (o almeno quelli che ho trovato tra i tanti che ho letto) delle ultime due settimane, durante le quali è stato pubblicato relativamente poco di interessante ma durante le quali sono successe cose che sono sicuro siano di grande interesse per chi fa SEO. Direi quindi sia il caso di iniziare!
Parliamo di uno dei due “update” (non proprio) di Google: site diversity change
Nelle ultime due settimane i simpatici amici di Google hanno rilasciato due “update” ufficiali della Google Search:
- Il 2 giugno 2019 è stato annunciato, con l’inizio del rollout previsto per il giorno 3 dello stesso mese, il “June 2019 core update” (del quale ti parlerò in seguito);
- Il 6 giugno 2019 è stato annunciato sempre da Google SearchLiason il site diversity change, il quale mira espressamente ad aumentare la varietà degli attori nelle singole SERP andando a proporre (sottodomini inclusi…forse) non più di 2 risultati dello stesso dominio (tranne casi eccezionali… sigh) nelle SERP stesse. Secondo Barry Schwartz (che dice di aver letto un tweet di Danny Sullivan che purtroppo non riesco a trovare) il rollout sarebbe iniziato il 4 giugno per poi finire il 6 giugno;
Anche se alcuni colleghi addirittura più puntigliosi di me (incredibilmente, esistono!) storceranno il naso nel chiamare il letteralmente tradotto “cambiamento sulla diversità nelle SERP” un update, personalmente a me pare che di questo si tratti: di un aggiornamento del sistema. Questo perché di fatto è stato implementato per andare a risolvere un comportamento, come dice giustamente Giorgio Tave in questo thread sul forum GT, anomalo di Google, un vero e proprio bug. So che vorresti subito capire cos’è successo nel core update ma ciò che chiamerò semplicemente “site diversity” mi da la possibilità di parlare di cose molto interessanti che spero avrai voglia di leggere.
Partiamo quindi dalla consueta traduzione/parafrasi del Twitter thread:
Avete mai compiuto una ricerca su Google ottenendo diversi risultati dallo stesso sito tra le prime posizioni? Abbiamo ascoltato il vostro feedback a riguardo (meglio tardi che mai N.D. Emanuele) e il desiderio di maggiore varietà. Ed è proprio per questo che un cambiamento che sta venendo lanciato proprio ora nella Google Search è stato progettato espressamente per fornire una maggiore diversità di siti web nei nostri risultati. Questa diversità significa che, nella maggior parte dei casi, non vedrete più di due risultati degli stessi siti tra le prime posizioni. Detto ciò potremmo comunque mostrare più di due risultati dallo stesso dominio nei casi nei quali il nostro sistema determinerà sia particolarmente rilevante farlo per quella specifica ricerca.
La site diversity generalmente andrà a considerare i sotto-domini come parte del dominio principale: per intenderci i risultati (nella stessa SERP) da sotto-domini e dal loro dominio principale verranno considerati come proveniente dallo stesso sito. Anche in questo caso i sotto-domini potranno essere trattati come siti separati quando verrà determinato come rilevante farlo.
Per concludere il lancio della site diversity è un evento separato dal June 2019 core update che è iniziato questa settimana. Sono due rilasci differenti, non legati tra loro.
Una formulazione che personalmente mi fa un po’ ridere perché, in realtà, detta così non cambia praticamente nulla: io ci leggo una cosa tipo “anche se tendenzialmente ci piacerebbe avere maggiore pluralità di attori in SERP faremo un po’ come ci pare alla fine“. Ed effettivamente Google fa quello che gli pare: tra poco ti farò un esempio molto interessante, sconcertante ma anche piuttosto poetico poetico riguardo al fenomeno “dei risultati multipli in SERP”, un esempio tutt’ora valido, purtroppo. Vorrei però prima dirti una cosa che mi frulla in testa: in un contesto dove gli ingegneri di Google da Hummingbird (del quale ho parlato nel libro di un collega del quale vi parlerò presto) investono gran parte nelle sue energie a disambiguare, dividere e di fatto ridistribuire oneri ed onori tra gli attori in SERP la presenza di veri e propri presidi in alcune SERP risulta assurda, forse grottesca.
Google da anni sta cercando di risolvere un problema chiave della SEO del quale parlavo qualche giorno fa, dietro sua “imbeccata”, con il mio amico Walid: i post in SERP sono limitati, le ambizioni dei webmaster no. Si tratta di un problema molto difficile da risolvere senza stravolgere il paradigma del motore di ricerca stesso, qualcosa che penso stia tentando (parzialmente) di fare attraverso la ultra-personalizzazione insieme ad una segmentazione “forzata” degli utenti e degli attori nelle SERP, andando ad incrociarli forzosamente tra loro in modo da non avere più, da un certo punto di vista, la restrizione dei classici 10 link blu (e dei 3 video del carosello, le X immagini, le X news…): gli ultimi update (senza prendere in considerazione, per il momento, quello di giugno perché come leggerai è presto per tirare le somme) hanno massacrato i siti “prendi-tutto” verticalizzandoli, andando a lavorare sulla pluralità e redistribuendo traffico e conversioni e, nella pratica, “facendo posto” per più siti. Anticipando un po’ il discorso che ti farò sul core update, chi ha veramente resistito negli ultimi tempi nel ruolo di “leader inamovibili” sono stati siti con due caratteristiche molto specifiche, presenti quasi sempre in contemporanea:
- Alto fatturato pubblicitario sul circuito di Google (guadagni da AdSense);
- Possesso e distribuzioni di dati difficilmente reperibili in modo completamente automatizzato (ovvero da Google stessa);
Questo tipo di inamovibilità si incontra in contesti dove Google non può forzare una maggiore pluralità dei attori senza abbassare la qualità delle SERP. Quando non ha scelta Google non ha scrupoli a ignorare le sue stesse regole: ti basta guardare il profilo link di chi si posiziona per “investigatore privato *città” (SERP nelle quali il CPC medio è sopra i 10€ e dove quindi girano tanti soldini) per vederlo molto bene.
Tornando più nello specifico della site diversity uno dei motivi per i quali la SEO fallisce è proprio perché opera in contesto di scarsità. Per questo, per favorire la concorrenza e aumentare il livello dei risultati (e quindi dell’appetibilità dell’uso di Google Search e quindi dei click sulle ads in SERP) ha tutto il senso del mondo che Google voglia aggirare il problema “liberando” forzatamente spot nelle SERP attraverso la limitazione dei presidi. Google sa benissimo che delegare parte del suo futuro, perché la sua ricchezza passa indissolubilmente dalla qualità delle SERP, in mano a pochi (avidi) attori è una follia. Detto ciò, a volte osservando alcune SERP, è difficile crederlo. E’ difficile capire se la situazione sia davvero quella che ho cercato di delineare (come altri) dopo le mie riflessioni o se, semplicemente, Google non voglia o non sia tecnologicamente ancora pronta per farlo in modo efficace e costante:
Quello che ho incollato qui sopra è un riassunto, preso da SemRush, dei risultati per la query “vibratore anale”, ovvero 3 pagine completamente presidiate da Amazon, 30 risultati consecutivi. Vi avevo promesso la poesia, ed eccola qua. Lavorando per un e-commerce di sex toys ho visto cose incredibili, e non sto parlando dei prodotti: queste sono SERP dove troviamo 6/8 slot di advertising, non query abbandonate dove non girano interessi e quindi dove Google “non si impegna”. Purtroppo questo screenshot l’ho preso oggi stesso, 8 giugno 2019. Pare ci siano però anche effetti positivi:
Probabilmente è ancora troppo presto per trarre conclusioni sull’efficacia effettiva di questa nuova implementazione nella Google Search, e può semplicemente darsi che non sia ancora arrivata sulla versione regionale italiana di Google. Penso però che senza lasciarsi trasportare dalla malizia e dal complottismo sia davvero difficile capire perché Google possa (e potrà), se davvero il sistema è stato rilasciato e funziona come dovrebbe, comportarsi ancora in questo modo.
Arrivati a questo punto ti starai chiedendo “tutto molto bello Emanuele, ma qual è la soluzione per noi poveri webmaster?“: Ancora una volta, semplicemente, l’unico modo di affrontare questa cosa è migliorare costantemente la propria offerta, non “sedersi” mai e e, soprattutto, far passare questo sforzo di evoluzione e sviluppo attraverso un esercizio di obiettività e di studio delle SERP. Apri Google e cerca di capire cosa si aspetta come risposta ad una query o ad un set di query, leggi i risultati della ricerca che Google ha già fatto, con i suoi mezzi assolutamente più potenti dei tuoi, sui tuoi utenti. Li trovi semplicemente studiando le SERP delle tue query di interesse. Se possibile, dai qualcosa in più, “unisci i punti”. Sembro un disco rotto ma questo è davvero l’unico punto fermo in questa faccenda.
Per concludere il discorso sulla site diversity, visto che grazie ai super poteri derivati dal moderare community da migliaia di persone, già ora vedo nel futuro della community dichiarazioni di ogni natura riguardo al rapporto tra sotto-domini e siti, sotto-domini e sottocartelle e gli altri simpaticissimi accoppiamenti, ti propongo un sempreverde video di Danilo Petrozzi sui sotto-domini che spero possa mettere in pace anche il cuore dei più arditi. E ora che ci penso potrei scrivere un podcast al riguardo… me lo segno.
June 2019 core update
Il 2 giugno 2019 è stato annunciato sull’account Twitter Google SearchLiason il “June 2019 core update“, probabilmente l’ennesimo update relativo a disambiguation/determinazione dell’intent/aggiornamento del tiering, il quale ha iniziato il suo rollout il 3 Giugno (e alcuni dicono che ad oggi, 8 di giugno, sia già concluso).
Che effetti ha avuto? Sui siti di settore come Search Engine Land si inizia già a parlare di winner e loser attraverso i dati di tools che, tramite la loro attività di scraping delle SERP, hanno un punto di vista più informato della media sui movimenti nelle SERP:
- Sistrix, in questo post, ha riportato swing mostruosi nel settore news di google.co.uk, con siti quale il Mirror, The Sun e l’Huffington Post che hanno avuto un guadagno stimato intorno al 50% del traffico e altri quali il Daily Mail Mercola che invece hanno avuto perdite intorno al 50% del loro traffico stimato;
- RankRanger ha pubblicato una tabella via Twitter dove mostra l’aumento delle fluttuazioni su diversi settori chiave quali travel, salute, finanza e in modo particolare il gambling;
- Search Engine Land riporta anche screenshot di diversi utenti, alcuni felici e altri molto meno, con la solita quantità di reversal (traducibile in “recuperi”) da altri core update;
Il direttore della SEO del DailyMail, Jesus Mendez (o qualcuno che lo sta impersonando), ha addirittura fatto un post sui forum di Google dove candidamente conferma che il sito ha perso il 50% del traffico, includendo alcune informazioni molto interessanti. Ecco il post tradotto:
Il giorno dopo il broad core algorithm update abbiamo visto un calo massivo del traffico di ricerca da Google (abbiamo perso il 50% del traffico giornaliero). Questo calo è arrivato nel corso di 24 ore e non abbiamo attuato nessun cambiamento al sito. In più abbiamo visto che il nostro traffico di discover è calato del 90% e non è più tornato come prima. Tutto questo è accaduto su tutti i verticali (immagino intenda le sottosezioni verticali del sito ad esempio su Scienza e Stati Uniti N.D. Emanuele), tutte le device, pagine AMP e non AMP.Il mio sito è: dailymail.co.ukQuello che è più bizzarro è che abbiamo avuto un declino più pronunciato nel Regno Unito rispetto agli stati uniti. Questo è strano perché la nostra regione principale è il Regno Unito e i cali storici sono stati solitamente più prominenti negli Stati Uniti.Inoltre il 2 giugno abbiamo avuto “un flash” di alcune ore durante le quali il traffico da Google Bot è quasi scomparso per poi tornare. Può esserci una relazione tra questo avvenimento e il calo del traffico? Nello stesso giorno il traffico da google-mediapartners (il bot di AdSense N.D. Emanuele) ha avuto un picco per un poco prima di tornare alla normalità
- La perdita del traffico Discover è il dato più interessante di tutti: rafforza in me l’idea che in concomitanza di questi core update vengano fatti dei refresh di parti dell’algoritmo un po’ com’era con il vecchio Panda. In questo caso però si tratta di quello di cui parlo da tanto tempo, ovvero del tiering: sono sempre più convinto che Google abbia una “classifica” di siti di prima, seconda e terza fascia rispetto a set di query o ad insieme di set di query (le cosiddette “nicchie). Penso sia un fattore che sblocca (o in questo caso blocca) alcuni tipi di analisi, conceda “sconti” per le analisi stesse e abbia a che fare con fenomeni quali il ranking cap, del quale parlerò prossimamente in un podcast (ispirato da una discussione su Fatti di SEO). In questo specifico caso forse il Daily Mail è stato “retrocesso” ed è stata impattata la esposizione su Discover, dove probabilmente siti promossi hanno preso il suo posto (o il traffico a lui riservato è stato ripartito tra chi è ancora “in prima fila);
- E’ interessante vedere che sia stata colpito l’intero “universo” di Daily Mail: Mendez dice che sono stati colpiti tutti i verticali, su tutte le device e su tutti i tipi di pagina. Anche questo fatto mi spinge a pensare di non essere molto lontano dalla “verità” parlando di tiering o, perlomeno, pensando che esista un giudizio sulla “entità autrice” di determinati documenti sul web, quella di cui parlai nel mio podcast sulla SEO delle homepage;
- E’ altresì interessante vedere che ci sia stato, sia questa volta che in quella passata, un trattamento differente in base alla versione regionale di Google che invia il traffico, un dato particolarmente interessante analizzando la dualità “Regno Unito/Stati Uniti” dove si parla (più o meno) la stessa lingua ma dove Google fa considerazioni evidentemente separate. Non si tratta certamente di una novità ma è raro averne un indizio così chiaro e palese;
Quello che dovresti fare è:
- Capire se il paradigma nelle SERP relative alle proprie query di interesse, sia specifiche che nel loro insieme, sia cambiato in modo significativo, ad esempio con l’introduzione di nuovi media/rich results in SERP (ad esempio viene data più rilevanza ai video rispetto ai testi) o a livello di significato (ad esempio il linguaggio dei siti vincenti è diventato meno tecnico);
- Capire se, a fronte sia di una vittoria che di una sconfitta, puoi fare qualcosa in più per i tuoi utenti e per Google sul tuo sito. Guidali nello scoprire le cose veramente interessanti, tagli i contenuti inutili, parla solo di ciò che puoi esporre dando qualcosa in più al prossimo;
Possono sembrare consigli “generici” ma sono i più pratici che mi sento di darti al momento rispetto a questo update (e anche quelli futuri).
Detto ciò come giustamente dice l’articolo di Search Engine Land che ho citato nella parte iniziale di questa sezione della newsletter siamo solo all’inizio: dovremo aspettare ancora qualche settimana per riuscire, se possibile, ad avere un qualche indizio della direzione che sta prendendo Google con questo update. Nel mentre dovremo semplicemente impegnarci nel criticare in modo obiettivo il nostro operato ed agire di conseguenza. Se hai bisogno di essere spronato ti consiglio questo mio video che pare sortisca questo genere di effetto.
Altri articoli interessanti
Ecco una carrellata di articoli interessanti che non ho voluto/potuto approfondire e qualche curiosità che vorrei segnalarti:
- Come segnalato da questo articolo pubblicato su Search Engine Roundtable Google AdSense sta per apportare diversi cambiamenti radicali al programma, tra i quali l’abbandono delle unità “text-only” sulle quali si basava inizialmente e l’abbandono dei fallback “if no ads available” tramite i quali si poteva mostrare ad esempio un box colorato nel caso non venisse servita dal sistema l’unità pubblicitaria. Sul Webmaster World Forum non sono proprio contentissimi di questi cambiamenti che, di fatto, riducono la possibilità di personalizzare le unità pubblicitarie. Alcuni utenti però fanno notare che Google forse vuole semplicemente togliere un grado di complessità al setup delle ads avendo la consapevolezza, attraverso i loro dati, che alcune di queste feature mediamente rendevano peggiore l’esperienza sia per gli inserzionisti che per i publisher. Personalmente mi occupo solo marginalmente di AdSense avendone esperienza più che altro attraverso i miei clienti publisher e non ho un’opinione precisa a riguardo. L’unica cosa della quale sono piuttosto certo è che Google sicuramente ha come primo pensiero i propri interessi;
- Vorrei segnalarti questo articolo “bookmark worthy” della collega Lily Ray intitolato “How to Correctly Implement Pagination for SEO & User Experience” un articolo breve, concreto e molto preciso sulle best pratice correnti per la paginazione in un web dove Google ha deprecato il suo support a rel next/prev. Scritto molto, molto bene, talmente bene che sto pensando di tradurlo. Dici che dovrei?
- Gisele Navarro ha pubblicato un articolo intitolato “How To Get Big-Name Media Sites To Credit Your Content With a Link” che parla di come trasformare in link le semplici menzioni che può capitare di ricevere nell’ambito del content marketing (va ancora di moda re-verginificare così la link building?) e non solo. Si parla di gestire relazioni con dei giornalisti al di là della trattativa riguardo al prezzo del link, pratica che mi rendo conto è “molto in voga” in Italia e non solo. Anche in questo clima mercenario è comunque possibile recuperare i link “già espressi” ai quali manca solo il classico “a href“, e si tratta di una attività molto interessante non solo in ambito di content marketing: le aziende e i professionisti quasi sempre hanno già connessioni con altre entità e a volte basta invitarle a renderle palesi (ne ho parlato più a fondo in questo podcast). Un articolo semplice ma molto pratico che ti consiglio di leggere;
- Alcuni ricercatori della Stanford University insieme ad altri del Max Planck Institute for Informatics, della Princeton e della Adobe hanno creato un simpatico algoritmo in grado di modificare un classico video “I”, ovvero il video del viso di una persona che parla guardando una telecamera, attraverso del testo arbitrario, andando a modificare la trascrizione di ciò che è stato detto. Solo con il testo. Con soli 40 minuti di video da usare come training il simpatico algoritmo può far si che vengano letteralmente “messe parole in bocca” all’interlocutore. Io trovo questa cosa agghiacciante e preoccupante ma, nel contempo, molto affascinante (puoi leggere lo studio vero e proprio da questa pagina). E ancora vorresti pensare che aziende quali Google, che può permettersi di stipendiare il talento di queste persone, non abbiano accesso a tecnologie in grado di capire meglio di noi gli utenti nel web?
- Secondo le stime di Benedict Evans contenute in questo articolo del suo blog circa su circa 5 miliardi di adulti (ovvero di persone con più di 15 anni) ben 4 (sempre circa) miliardi hanno uno smartphone (anche se non tutti sono connessi): “Cosa succederebbe se tutti avessero un telefono? La risposta è intorno a noi“. Lascio a te giudicare se questo sia un fatto positivo o negativo. Sicuramente fa pensare, al di là della SEO. Pensaci, io lo farò;
Il pensiero della settimana
In queste ultime due settimane ho trovato il tempo di riordinare una “importante” pila di documenti (mi piace ancora prendere appunti a penna) e ho trovato più di 50 idee per nuovi contenuti che mi ero segnato nel corso degli ultimi mesi, contenuti che non vedo l’ora di scrivere o registrare. Mi sono già messo avanti in questo senso: ho iniziato a scrivere, come ti ho già accennato in questa email, un podcast sul ranking cap (argomento non presente sui documenti, per altro!), sto scrivendo da tempo un articolo su Google Discover (se Google smettesse di aggiornarlo…) e vorrei fare la versione 2.0 del mio template di Data Studio. Da dove dovrei iniziare secondo te? Scrivimi che mi interessa davvero la tua opinione!
Per questa settimana è tutto: se hai avuto il coraggio di leggere fin qua e non vuoi perderti la prossima newsletter puoi iscriverti utilizzando il form qui sotto (ricordati di mettere newsletter@emanuelevaccariweb.it in rubrica per evitare che finisca nella cartella promozioni di Gmail!):
Io per ora ti ringrazio nuovamente per aver letto fin qui e ti auguro un buon proseguimento!