In questo volume:
- Apparse le prime SERP senza blue links
- Alcune controversie legate ad AMP
- Google bandirà da Giugno 2018 le ads riguardanti criptovalute e trading
- Parliamo del sopravvalutato volume di ricerca delle keyword
- Dal mio blog/podcast
1 ► E’ finalmente successo: Google ha iniziato a mostrare alcune SERP senza blue links negli USA. Per citare Danny Sullivan ( che ora lavora per Google, per chi si fosse perso il passaggio ) mentre partecipa ad una conversazione fatta partire da Barry Schwartz ( quello di searchengineland.com per capirci ):
“Per calcolatrici, conversioni di unità e orari locali stiamo sperimentando una visualizzazione condensata per velocizzare ulteriormente il tempo di caricamento. Le persone che cercano questi tool raramente utilizzano l’interezza dei risultati di ricerca, ma questi ultimi rimarranno disponibili per chi li desidera attraverso il bottone ‘mostra tutti i risultati’ “
Si tratta di query che venivano già da tempo essenzialmente servite principalmente da rich result, come ad esempio “time in los angeles“, dove ora appaiono solamente i suddetti rich result con un bottone con l’etichetta “mostra tutti i risultati”. Sullivan dice che i tempi di caricamento di abbassano di mezzo secondo, riferendosi immagino all’esperienza utente. Anche il carico computazionale su un set di query con probabilmente milioni di richieste giornaliere, sono tanti soldini.
Devo dire che in Italia la community ha reagito in modo più composto di quello che pensavo: meno moti di disperazione di ciò che mi aspettavo dopo un annuncio simile, anche se si tratta di un test ( seppur ad ampia diffusione come ammette Sullivan stesso incalzato da Schwartz ) . La verità è che, lo ripeto da tempo, su certe query l’utente è servito in modo migliore in questo modo, non c’è nulla da aggiungere, solo da prendere un minimo di coscienza con buonsenso e onestà intellettuale.
Vi riporto una considerazione molto interessante di Luca Bove su EV Oasis:
“E’ da un po’ che se ne parla, soprattutto quando c’è di mezzo la ricerca vocale… La search senza SERP
Il problema qui principale è per Google. Come monetizzerà?”
Su una conversazione su Twitter un utente ha segnalato una SERP snippet only, generata attraverso la query ( ambigua ) “date in London”, che può significare “data/orario a Londra” ma anche “appuntamento a Londra”, dove appariva una unità AdWords riguardante proprio un sito di incontri. Sullivan gli risponde che è un comportamento “limite” e che farà controllare dai tecnici. Non penso che Google sarà così spietatamente predatore da mettere solamente il suo tool con unità pubblicitarie intorno ( tipo i nostri vecchi sitacci tool + pubblicità AdSense ) ma sono molto curioso anche io di capire dove vorrà andare a parare. E’ una situazione che può essere letta in molti modi differenti. Che ne pensate?
2 ► Voglio segnalarvi questo interessante articolo sulle controversie legate ad AMP. Se segui questa newsletter da un po’ saprai sicuramente che non sono particolarmente entusiasta di AMP, e questo articolo riassume alcuni dei motivi principali di questo mio scetticismo:
- Perdita della sovranità del proprio sito web: utilizzare AMP significa far servire le proprie pagine da una cache sul dominio di Google. Legarsi a questa tecnologia significa, in altre parole, stare alle regole di una piattaforma altrui. Certamente succede anche su piattaforme come i social network ma… il nostro sito non dovrebbe essere nostro? Un posto dove poter fare un po’ quello che ci pare nel limite del buonsenso e delle legge e sopratutto di ciò che ci porta un vantaggio/profitto?
- Perdita di libertà nell’implementazione e nella sperimentazione: le pagine AMP hanno limitazioni molto grandi, ad esempio non prevedono l’inserimento di javascript non asincrono o di css caricato da fogli di stile ( deve essere inline e occupare meno di 50kb ). Ci tolgono il controllo dell’esperienza utente nei nostri contenuti.
- Le buone performance non sono solamente relativa alla tecnologia: AMP di fatto forza alcune ottimizzazioni ( lazy loading, gestione asincrona del javascript etc. etc. ) ma sopratutto risiede sulle CDN di Google, come giustamente fa notare l’articolo, e sopratutto le pagine vengono precaricate quando fate la query su Google. Gran parte della velocità viene proprio da questo, che è l’unica cosa che non possiamo fare noi stessi ( se non per utenti che passano ad un’altra pagina nel nostro sito ). Le pagine AMP sembrano mostruosamente veloci perchè il 90% dei siti è male ottimizzato, risiede su server meno performanti e viene caricato quando il browser richiede l’URL ( per essere più precisi questa cosa accade per qualsiasi pagina che non sia AMP, ci arriviamo ). Prendetevi però una bella VPS e ottimizzate come si deve il vostro sito e a livello di performance page vs. page non avrete nulla da invidiare ad AMP, ve lo assicuro. Quello che non potrete avere è il preload.
Voglio citarvi direttamente l’articolo:
” Il precaricamento è una ( tecnologia N.D. Emanuele ) esclusiva di AMP. Google non precarica pagina non-AMP. Se Google avesse un interesse genuino nel velocizzare l’intero web su mobile potrebbe semplicemente precaricare risorse di pagine non-AMP. Non fare questo è una forte indicazione del fatto che abbia prerogative molto differenti, per usare un eufemismo.”
Personalmente trovo difficile dargli torto. Vi lascio riflettere su questi pensieri e mi piacerebbe conoscere la vostra opinione in merito.
3 ► Segnalato da Simone Righini su EVOasis, vi voglio girare questo articolo che riporta la dichiarazione di Google di smettere di supportare nei suoi circuiti pubblicitari compagnie o servizi che trattano cryptovalute o il trading. Boom.
Come giustamente dice l’articolo, chi verserà lacrime amare saranno gli operatori dell’affiliate marketing e, come riporta un Tweet inserito nella pagina, “sarà una buona cosa per progetti decentralizzati senza fondi per il marketing ( perchè potranno attingere più traffico dalla SEO se lavorano bene ) e una cattiva cosa per gli scammer ( i truffatori N.D. Emanuele )“. Tutto fico quindi, no? No. Citando proprio il solito brillante Righini “un’altra fantastica idea della #chiesadigoogle nella quale presto non si potrà più entrare neanche a maniche corte.”
Il problema qua è che, se anche in questo specifico caso mi pare di capire che ci siano risvolti positivi ( insieme ad altri meno positivi riportati nell’articolo ma che non sto a citare ora ), Google abusa ancora una volta della sua posizione nel mercato per “andare oltre” e permettersi di prendere decisioni e/o di forzare una narrativa per i suoi poco chiari ( e molto preoccupanti ) piani per il nostro futuro. Pensate ad esempio quando ci ha forzato ad utilizzare HTTPS o al caso del pedofilo beccato tramite l’analisi delle sue mail su Gmail. Privacy, tecnologia, libero pensiero: un’azienda privata con il potere di influenzare buona parte degli abitanti del pianeta non può agire come vuole su elementi così centrali nella nostra vita. Personalmente, per quanto ci sarà qualcuno che dirà “vabbè ma se non ho niente da nascondere/ se ferma questo fenomeno negativo…” certi limiti non devono mai essere superati o si crea un precedente molto pericoloso che può portarci verso scenari più Orwelliani di quelli attuali.
“E quindi Emanuele che dovremmo fare secondo te?“. Semplicemente parlarne: la consapevolezza è la chiave di un’umanità migliore. Cerchiamo di rendere consapevole chi ci sta intorno, rispettando naturalmente spazi e tempi, ma al meglio delle nostre possibilità. In gioco c’è ben di più che la SEO.
4 ► Tra una marketta e l’altra il blog di AHREFS pubblica ogni tanto articoli molto interessanti: ne è un ottimo esempio questo articolo intitolato “Here’s why you can’t blindly trust keyword search volume for traffic estimations“. Da tanto porto avanti una battaglia contro l’ossesione per i volumi di ricerca. Come dice l’articolo:
- Il volume di ricerca non è una metrica accurata: anche quella che è ( era ) la fonte più autorevole a riguardo, ovvero il mitico Keyword Planner di Google AdWords riporta stime e medie per sua stessa ammissione. Combina volumi di keyword simili, nasconde chiavi non interessanti in ambito ads ( rimane, ricordiamocelo, un tool che non è dedicato alla SEO ), riporta dati che si contraddicono con altri tool di Google. I tool che non fanno capo a Google fanno stime basate su questo dataset: provate a immaginare quanto precisi possano concretamente essere;
- Google incanala parte di questo volume di ricerca attraverso elementi differenti dai blu links: rich results, ads e qualunque altra implementazione venga in mente di testare e/o implementare da parte del team search di Google può assorbire parte di questo traffico “grezzo” stimato, dato che non viene segnalato da nessun tool;
- Ragionare per keyword non ha più senso quando parliamo di SERP: il concetto di parola chiave rimane importante in fase d’analisi di una nicchia o di una specifica query, ma quando parliamo di pagine e di ottimizzazione SEO dobbiamo ragionare sulle query e i relativi set di sotto-query. Nell’era post Hummingbird una pagina non concorre per una singola specifica “keyword” o una “long tail”: piuttosto si posiziona per tutte le query per le quali esprime una risposta sufficientemente rilevante, pertinente e autorevole da essere proposta per soddisfare l’intento di ricerca rilevato da Google dietro le query stesse. Ciclicamente queste query mutano perché, lo dico da tanto, Google stima quanto traffico ci possono mandare e fa throttling cambiando i posizionamenti delle pagine per le query stesse. E’ il traffico la misura del “premio” che Google ci da, e non il posizionamento puro sulle keyword. Penso sia capitato a tutti i lettori di vedere “crolli” su keyword considerate importanti senza che effettivamente il traffico sia crollato. Ecco spiegato il perché ed ecco inoltre perché il volume di ricerca è relativamente interessante se preso per singola query;
Vorrei aggiungere che la cosiddetta keyword research basata sul volume di ricerca non ha senso nella SEO attuale: molto meglio ragionare sul linguaggio, inteso come registro, lessico e quindi le vere e proprie keyword con le quali gli utenti che andrebbero concretamente a trovare risposte sui vostri siti web formulano le query e sopratutto sul linguaggio con il quale si aspettano di leggere le soluzioni ai loro problemi. Trovare le “keyword con più alto volume di ricerca” non ha senso, piuttosto troviamo le parole chiave legate ai topic che ci aiutano ad essere rilevanti per le query più profittevoli, a prescindere dal traffico in quanto tale. I volumi di ricerca possono servire semmai, formulato un set di query rilevanti per il proprio sito, a capire in modo spannometrico ( certamente non preciso al punto percentuale per i motivi discussi qualche riga fa ) quale peso hanno le singole query a livello di topic da sviluppare nei nostri contenuti. Un discorso che ho semplificato molto ma che in realtà richiede un lunghissimo ragionamento che prima o poi farò in modo approfondito in altra sede ( o media ).
Detto questo naturalmente l’articolo del blog di AHREFS spiega come ottenere un certo tipo di dati attraverso il loro ( a mio avviso ottimo ) tool e, se siete come me, queste markette spietate un pochino vi fanno perdere interesse ma l’articolo contiene alcune riflessioni interessanti oltre quelle citate in questa newsletter ed è per questo che ve ne consiglio la lettura.
5 ► Per chi se lo fosse perso vi giro il link al mio articolo/podcast sulla SEO e le homepage nel 2018. La home è una pagina sottovalutata o addirittura vituperata ultimamente, quando invece ha tantissimo potenziale lato SEO. Per il ragionamento completo vi rimando comunque alla lettura/ascolto di quest’ultima mia fatica. Enjoy!
E niente, terza sinusite dell’anno: brividi, mal di testa, zero energia e quindi zero podcast e zero video. Ma “newsletter must go on” diceva il mitico Farrokh Bulsara… no?
Anche per oggi è tutto, vi auguro una buona giornata e sopratutto una buona settimana,
PS: se vuoi recuperare le vecchie campagne, puoi farlo da qui: http://bit.ly/evseo-news-archive